DINI AL BELLINI «IL MIO CECHOV UNA METAFORA DEI NOSTRI GIORNI»
Ivanov? «È nostro contemporaneo. In gioventù fonda un'azienda agricola all'avanguardia. Ma a 40 anni si ferma, carico - come dice - di un peso che le sue spalle non possono sopportare. Si immalinconisce e supera la linea d'ombra che lo separa dalla malinconia, dal senso soverchiante della fine. E non solo egli stesso se ne lascia pervadere, ma contagia chilo circonda come un virus». 
Filippo Dini spiegai motivi che lo hanno spinto a mettere in scena «Ivanov», di Cechov, storia di un imprenditore, e intellettuale, vittima dell’ombra da lui stesso creata. 
Lo spettacolo è al Bellini fino a domenica. 
Dini, che cosa l’ha spinta a scegliere «Ivanov», così poco rappresentata in Italia? 
«Cechov lo scrisse a 27 anni e possiede, perciò, una carica emotiva e passionale che è segno emerito della gioventù. L'età, peraltro, giustifica alcune presunte imperfezioni della drammaturgia. In realtà ,io penso sia un capolavoro ricco di una preziosa ingenuità. Ma c'è anche un' altra ragione che mi ha convinto».
Quale                                           
«Ivanov è una metafora della nostra società occidentale che, come lui, si sta spegnendo dopo un'epoca che oggi definiamo felice. La crisi che attraversiamo non è soltanto economica e finanziaria, ma testimonia la corruzione della volontà e dell'entusiasmo. Il senso di una fine ineluttabile incombe sulle nostre coscienze, come quella cantata da Cechov. La sua opera descrive la fine altrettanto rapida di quella rivoluzione culturale che pervase la Russia nella prima metà dell' Ottocento, per poi implodere e portare la nazione al collasso con la Rivoluzione d'ottobre. Fu un'epoca straordinaria, dominata politicamente dalla figura di Pietro il grande e, letterariamente, da geni come Dostoevskij e Puskin, cresciuta velocemente e velocemente destinata all' oblio». 
Parliamo del suo amore per Cechov. Questo è il quinto allestimento che gli dedica.  
«Lo sento molto vicino alla nostra contemporaneità. E le cito un solo esempio, l'Astrov di "Zio Vanja", che vuol piantare gli alberi perché se qualcuno tra 100, 200 anni ne trarrà giovamento, allora ne sarà valsa la pena. Cechov pensava a noi. Ma noi, invece di quel giovamento, siamo immersi, come Ivanov, in un lento degrado».
Che cos'altro prepara? 
«In marzo, all' Eliseo di Roma, sarò regista e interprete di una pièce di Anna Ziegler, "Rosalind Franklin", chimica e biologa inglese. In America le ha dato il volto Nicole Kidman, in Italia sarà Asia Argento.Fu lei a scoprire la struttura del Dna, ma la scoperta le fu rubata. I responsabili ricevettero il Nobel, lei si ammalò di cancro e morì a 38 anni». 

Fonte: l.g  -  Il Mattino


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