Una commedia d'incontri e di scontri, di affetti malandati, di avidità esibite, di generosità bugiarde poco rappresentata
La voce un po' roca di un disco d'altri tempi che canta una vecchia canzone apre e chiude lo spettacolo. Le ansie di una società in crisi fissate per il teatro da Arthur Miller nel 1968 giungono all'incontro con le nostre ansie.
Al Teatro Diana è in scena "Il prezzo" con Massimo Popolizio, regista e protagonista insieme ad Umberto Orsini, Alvia Reale ed Elia Schilton. Frammenti di famiglia in un interno inquieto e inquietante.
Rancorose memorie che sembrano cancellate si fanno ansie presenti. Muti testimoni e motore di queste memorie che affiorano prepotenti sono i mobili di famiglia ammassati nel deposito in cui invecchiano.
Cupe presenze di una vita con cui e per cui s'incontrano due fratelli che una vita non ha saputo tenere uniti. Victor e Walter, e con loro Esther, una moglie insicura ed illusa, ed un vecchio rigattiere a fare da cornice e commento. Testimoni inutili di rancori mai sopiti, tenuti dentro però, strettamente, nascosti come i mobili coperti da lunghe fodere grigie (la scena è di Maurizio Balò) che li fanno fantasmi inquietanti, come le ansie di quella società benestante e insicura che Miller seppe così ben descrivere.
È stata poco rappresentata questa commedia d'incontri e di scontri, di affetti malandati, di avidità esibite, di generosità bugiarde, di memoria che dal passato riempie il presente. Forse per quella sua claustrofobica staticità, o più probabilmente perché esige presenza forte d'attori a costruire i suoi personaggi tanto incerti nelle loro insicure solidità.
Ecco che questa volta una compagnia d'eccellenti interpreti, Orsini, Popolizio, Schilton, Reale, rende possibile uno spettacolo di grande teatro "d'attore" che afferra lo spettatore tenendolo stretto, sospeso come per un viaggio interiore drammatico e forte. Battute che s'inseguono serrate, pubblico attento come non mai alla "prima" napoletana, silenzioso che sembra trattenere il respiro.
Strepitoso finale che Orsini disegna come danza leggera e misteriosa, il suo gesto è un regalo, il suo sorriso un un turbamento. Repliche fino a domenica.
Giulio Baffi - La Repubblica