Due prostitute napoletane, Puppina e Sciuscetta, raccontano le loro avventure stralunate tra fascismo e seconda guerra mondiale, tra un'Africa italiana che non raggiungeranno mai e un'isola di Malta dove finiranno in un lebbrosario, tra puttane-spie degli inglesi e bordelli nei Quartieri Spagnoli, il tutto evocato in un onirico night-club anni Sessanta con canzoni in stile crooner napoletano: è «Grand'Estate», il nuovo spettacolo di Enzo Moscato in scena al Teatro Nuovo, ed è un altro tassello di quel brulicante mosaico che Moscato dipinge da sempre.
Lo spettacolo si apre con la partenza in piroscafo da Napoli per l'Africa, ed è narrato da Puppina Moscato e Sciuscetta Massimo Andrei, con la comica leggerezza di due cantastorie che invece di Gano di Maganza parlino di puttane, gerarchi, lebbra, sesso e spie: un racconto fatto nel napoletano - italiano di Moscato, in cui si affollano diminutivi creaturali, sonorità da Cunto de li cunti, italiano d'avanspettacolo, rime da signor Bonaventura ed epica priva di eroismi e di retorica, negazione della retorica fascista.
Il racconto di Puppina e Sciuscetta si ramifica in un altro personaggio, la puttana per vocazione Lattarella, ed è punteggiato dalle canzoni cantate da Moscato: ma in scena ci sono sei attori, che interrompono il racconto delle due prostitute, racconto interrotto anche da altri personaggi, come il professor Asor Viola, interpretati da Moscato e Andrei.
Ed è qui che lo spettacolo si incrina, dilungato fuori dalla sua tonalità da racconto picaresco e sdrucito ricordato nostalgicamente.
È come se lincanto lieve e d'antan creato dal sussurrare di Moscato e dalla spavalderia tenera di Andrei si infrangesse su entrate e uscite degli altri attori-personaggi, e da questo miscuglio «Grand'Estate» perdesse forza: come se il testo di Moscato non tollerasse la teatralità evidente e irruente delle scene che non sono raccontate da Puppina e Sciuscetta, lasciando per via il carattere di fantasticheria indicato nel sottotitolo: «Un delirio fantastorico».
In «Grand'Estate» recitano Giuseppe Affinito, Caterina di Matteo, Gino Grossi, Francesco Moscato, Giancarlo Moscato, Peppe Moscato, con Claudio Romano per le musiche di Claudio Romano, lallestimento di Tata Barbalato, Teresa Di Monaco e Cristina Donadio, e la regia dell'autore.
Moscato oggi non sembra aver bisogno di un teatro «evidente»: la sua leggerezza densa il teatro, lo evoca in tutta la sua poesia, come in scena evoca con minima gestualità l'atmosfera del night-club, e la dolente umanità di un mondo che ancora conosceva l'umano: una leggerezza agrodolce che è nel testo e si sposa bene con l'alter-ego inventivo e vitale che è Massimo Andrei, ma sicuramente meno con l'impianto della pièce.
Giuseppe Montesano - Il Mattino