La scrittura di Autiero torna a risuonare nella sua Vico. È piena ancora dellimpressione provocata da parole ruvide, potenti, sincopate. È ancora traccia significativa di quelle anime separate e perdute di una Napoli mitologica ed umana che ha lasciato nel tempo segni sparsi della sua storia. Segni che Autiero affida a figure che sembrano lasciti casuali, residui indistinti di quel fiume carsico, come scrissero al tempo, che sono i suoi racconti. Gli espiantati, appunto, che vagano in luoghi di confine come echi di memorie che rivendicano esistenza. Lo fanno con lingua ironica, musicale, poetica. Una miscela stilistica che incrocia proverbi, citazioni popolari, lessici inconsueti. Autiero immaginò uno spazio nero e vuoto per queste parole espiantate, ma anche "
un cortile allinterno di una clinica psichiatrica, un luogo coatto." E la sua narrazione sembra rivolta ad un pubblico teatrale, ma anche " ...a probabili osservatori alle finestre dei piani alti: forse pazienti, forse suore e infermieri." I Racconti si preoccupano di individuare e proporre luoghi di mezzo, luoghi di Vico, suggestivi anche quando dimessi, meravigliosi e nascosti che sintetizzino opportunamente i suggerimenti dellautore. Un itinerario insieme fascinoso ed oscuro che gli scarti espressivi di una scrittura potente motivano e idealmente descrivono.
Alessandra Borgia