La frase, quella del titolo, viene dallIslanda. Per i curiosi si scrive He Það pylsuendanum rúsínan í, ma non chiedeteci come si legge. È usata per descrivere una piacevole sorpresa (del tipo: e chi se laspettava!) o il culmine di unesperienza (ad esempio: sono stato al concerto di Liberato e alla fine, indovina, ha rivelato la sua identità!). È un po la nostra ciliegina sulla torta. L'uva alla fine dell'hot dog non è uno spettacolo. Almeno non al momento. È un progetto. È un percorso di ricerca. Uno spazio di incontro tra artisti. Una possibilità di confronto tra artisti e pubblico. Ma è anche il tentativo di instaurare una relazione con la comunità che abiterà il Teatro Bellini. Va bene, ma come funziona? Scelto un tema d'indagine, sotto la guida di Gabriele Russo, i membri del collettivo Mind the step si ritroveranno in sala prove per cinque periodi di residenza creativa. A conclusione di ogni fase di ricerca, è prevista unapertura negli spazi del teatro. Verranno mostrati i punti darrivo ma anche le criticità del percorso, in un dialogo aperto e sincero con il pubblico. In altre parole, chi vuole può dire la sua. Con attenzione alla multidisciplinarietà e alla contaminazione dei linguaggi, percorreremo una strada lunga unintera stagione, da settembre fino a maggio, quando la performance debutterà ufficialmente in stagione. Lo faremo insieme, che è sempre una bella parola. E alla fine dellhot dog chissà se troveremo l'uva.