Manfred, un onnipotente mago e scienziato (il binomio scienza/magia è quanto mai contemporaneo), chiede agli spiriti della terra di dargli l'oblio, solo annullamento immaginato per un amore incestuoso e finito. Messo di fronte all'impossibilità di realizzare ciò che è al di là dei poteri degli spiriti stessi, perché oblio e morte non hanno senso per realtà eterne e prive di forma (le intelligenze artificiali non muoiono), decide per la liberazione attraverso il suicidio. Affrontare degnamente la fine è un'opzione ancora sensata.
Closet drama tratto dall'omonimo poema di Byron e musicato da Schumann, fu diretto e interpretato da Carmelo Bene nel 1978. Partiamo da lì, torniamo altrove (pieno fulgore del nostro errare); la voce attraversa e frammenta l'originale, l'orchestra è disseccata; echi di Schumann restano nell'intimismo solistico di Johann Kaspar Mertz, che con i suoi Bardenklänge dell'Op.13, ricrea la tavolozza timbrica del sentimento romantico. La temperie implode nellintimissimo suono della chitarra ottocentesca, che, come un aedo, ricama i passaggi tra un sentimento e l'altro, sintetizzando la forza e la debolezza di un uomo solo davanti al mondo. Manfred è solo, impotente per aver esaurito il possibile; Cosa resta in fin di vita? L'accento ossessivo sulla parola Amore. I vecchi evocano commossi amori mai stati.