''Dodi'', dall'ebraico ''dono; mio amato'', parte dall'esplorazione dello stato di tormento e insoddisfazione che maggiormente plasma l'esistenza umana. Il desiderio costante di quel qualcosa in più nelle nostre vite può spesso produrre un senso di solitudine e quindi paura. Con il loro incontro e il rispecchiarsi l'uno nell'altro, due entità attraversano un viaggio di auto- esplorazione e accettazione, condividendo onestà di espressione, che richiede una profonda trasformazione e annullamento di stereotipi culturali. Il duetto esprime intimità, fiducia, sensualità, rapporto umano,
delicatezza, leggerezza e passione. Dodi offre un senso di profondità della nostra esistenza nel riscoprire la sottile poesia nel rapporto con l'altro, per ritrovare un ascolto profondo del momento presente e nuove possibilità in questa realtà: questo innato senso di tormento appare ora come uno dei doni più preziosi che tutti condividiamo e la consapevolezza di esso ci aiuta ad andare più in profondità, trovare accettazione di noi stessi e infine libertà.
''Mondo'' significa terra, ma anche il gioco della 'campana' ed è l'opposto di immondo. Scelto
d'istinto, questo titolo abbraccia il groviglio di aspetti che tocca il mio attuale lavoro.
Questa ricerca muove - in un secondo inizio - dall'osservazione di ciò che definirei la supremazia
del risultato. La nostra smania di compimento, di un culmine delle nostre biografie, il nostro desiderio di una narrazione accurata che possa valere per sempre, che possa dirci chi siamo una volta per tutte. Non importa quante volte ci sia già successo di sperarci, noi continuiamo comunque a credere che in qualche luogo e modo potremo essere qualcosa per sempre.
Inseguiamo noi stessi nelle nostre foto, nei nostri curriculum, nei nostri profili, in qualunque cosa
possa offrirci una versione compiuta di noi stessi. Collezioniamo immagini, istanti, punti d'arrivo,
risultati, sperando che una cronaca dettagliata dei nostri svariati sé possa fornirci maggiore verità.
Il nostro desiderio inconfessato di essere cose. Poi c'è il respiro. Quell'atto continuo e implacabile che ci accompagna per tutta la vita. La trama infinita dietro tutti i nostri istanti e frammenti, senza altro fine se non il semplice e mero fatto di tenerci in vita. La vita è una traccia irriproducibile e simultanea ai nostri passi e respiri. La nostra sola possibilità di essere è continuare a essere, continuare a respirare e camminare, senza mai ''cessare di scolpire la nostra statua interiore''. Il nostro miglior capolavoro, per sempre incompiuto.
'Mondo' significa questo per me. La resistenza di un bambino che gioca a campana in un cortile. La purezza mai definitiva che emerge dall'atto continuo di scolpirsi. La ''totalità dei fatti e non delle cose''.