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Credere vuol dire prestar fede. Spesso, paradossalmente, questa intima e acritica attribuzione di fiducia è relativa, proprio come una fede, a qualcosa di inverosimile ed invisibile. A questa tendenza della natura umana danno senso, oltre la religione o larte, la magia e la superstizione. È così che crediamo a divinità propizie o a racconti fiabeschi, a rituali scaramantici o agli umori del destino. Credenze come accettazioni fiduciarie di verità indiscutibili perché non veritiere.