Note di sala
Fra la fine del XVII e la prima metà del XVIII secolo emerge e si consolida a Napoli una straordinaria fioritura di musica strumentale. I virtuosi formatisi in uno dei quattro antichi conservatori napoletani impiegati sia nel viceregno napoletano che nelle maggiori corti europee contribuirono in misura determinante all'evoluzione di generi, forme e strumenti. In particolare si distingue in questo periodo una vera e propria scuola violoncellistica formata da virtuosi di prima grandezza, quali Francesco Alborea, Salvatore Lanzetti e Francesco Paolo Tomaso Supriani (1678-1753). Nato a Conversano, vicino Bari, Supriani (il cui cognome appare a volte come Supriano o Sopriano) entrò al Conservatorio della Pietà dei Turchini nel 1693 e studiò violoncello con il celebre maestro Giovanni Carlo Cailò. Impiegato brevemente nella Real Capilla di Barcellona voluta dallarciduca Carlo d'Asburgo nel 1707, Supriani fece ben presto ritorno a Napoli, dove fu impiegato come primo violoncello della Cappella Reale e del prestigioso ensemble del Tesoro di San Gennaro, e dove sposò la cantante Margherita Mencarelli, per la quale scrisse anche alcune cantate. Le fonti documentarie confermano che Supriani fu fra i più celebri violoncellisti dellepoca e attestano pagamenti per le ''virtuose fatiche'' del violoncellista nel suonare anche presso il Teatro di San Bartolomeo e nelle festività del monastero della Trinità delle Monache.
Supriani tuttavia occupa un posto di rilievo nella storia del violoncello in quanto autore di uno dei primi metodi per questo strumento, i Principij da imparare a suonare il violoncello. Il metodo include una breve introduzione ai fondamenti della teoria musicale, seguita da una serie di 12 Toccate per violoncello solo, un vero e proprio compendio delle possibilità tecniche dello strumento. Un'altra fonte manoscritta raccoglie dodici sonate che in realtà consistono in una ricca elaborazione virtuosistica delle dodici toccate del metodo. Il carattere tecnico delle Toccate, ma soprattutto i virtuosistici esempi di elaborazione lasciano pensare a una destinazione di questa raccolta per uso didattico, destinata agli studenti più avanzati se non addirittura rivolta ai violoncellisti virtuosi. Le composizioni di Supriani rappresentano una risorsa di cruciale importanza per lo studio della prassi esecutiva settecentesca e rivelano l'avanzato sviluppo della scuola violoncellistica napoletana. Questi lavori si collocano nell'ambito della tradizione pedagogica napoletana e rappresentano uno straordinario esempio del brillante virtuosismo che caratterizzava la scuola violoncellistica napoletana.
Tuttavia, l'orientamento virtuosistico della tradizione strumentale napoletana si unisce da un lato alle movenze dello stile galante e dallaltro a uno stile spesso caratterizzato da una forte presenza del linguaggio contrappuntistico. Esempi significativi dell'adozione di uno squisito stile galante si trovano non solo nei cantabili movimenti lenti delle sonate in Do maggiore e in La minore di Supriani, ma soprattutto nella più tarda sonata per fagotto di Francesco Ricupero (fl. 1761-1806). Poco si conosce della biografia di questo musicista che fu impiegato nella Cappella Reale e nell'orchestra del Teatro San Carlo e che si distingue per una copiosa produzione di musica sacra e una raccolta di 16 sonate per flauto traverso e basso, una delle quali appare anche in una versione per fagotto.
Testimonianza di un più rigoroso stile contrappuntistico appare invece nella prima sonata della raccolta di Sonate a Quattro pubblicate nel 1736 dal violinista Angelo Ragazzi. Violinista nella Real Cappella di Barcellona e dal 1713 presso la Cappella Imperiale di Vienna, Ragazzi divenne Direttore della Musica alla corte dell'imperatore Carlo VI e primo violino della Cappella Reale di Napoli dal 1729. La raccolta, dedicata all'imperatore, presenta dodici sonate in cui si alternano con calcolata regolarità sonate dallo stile concertante con altre per tre violini e basso (in questo concerto trascritta per tre violoncelli), che presentano una scrittura marcatamente contrappuntistica.
Senza dubbio le radici della tradizione strumentale napoletana affondano nel repertorio tastieristico che già alla metà del Cinquecento ricoprì un ruolo di enorme rilievo, prima grazie allattività di Jean de Macque, quindi con quella dei suoi allievi e successori, Giovanni Maria Trabaci e Ascanio Mayone - musicisti che ebbero un considerevole impatto sullo stile di Girolamo Frescobaldi e sulla formazione del repertorio tastieristico italiano - e infine, in pieno Seicento, nella produzione di Giovanni Maria Sabino, Giovanni Salvatore e Gregorio Strozzi (c.1615-87). Sono questi stessi autori che contribuiscono anche in maniera significativa alla letteratura dedicata all'arpa, strumento che, nelle sue varianti organologiche di arpa «doppia» o «tripla», rimase negli organici strumentali napoletani fino ai primi decenni del Settecento. Già Cerreto incluse il nome di Ascanio Mayone (c.1565-1627), maestro di cappella alla Casa Santa dell'Annunziata e primo organista della Cappella Reale, sia fra gli organisti che fra i «sonatori eccellenti dell'Arpa à due ordini». Alcune composizioni incluse nel primo libro di Diversi capricci per sonare (1603) prevedono la possibilità di esecuzione sia alle tastiere che all'arpa. Una ricca e varia presenza di strumenti si riscontra naturalmente anche nel repertorio sia sacro (messe, Passioni, cantate sacre o altro repertorio liturgico o paraliturgico) che profano (cantate, serenate) o nell'accompagnamento di intrattenimenti all'aperto (gli spassi) o a corte (le feste a ballo). Alcuni titoli di composizioni strumentali rimandano esplicitamente agli spettacoli o mascherate che avevano luogo nel corso delle «feste a ballo». È il caso della Mascara, Sonata e Ballata da più Cavalieri Napolitani nel Regio Palazzo di Gregorio Strozzi, secondo organista della Cappella dell'Annunziata a Napoli e autore di un trattato di teoria musicale (1683). La fanfara iniziale e la rapida successione di sezioni evocative di strumenti a fiato e tamburi, rimandano agli intrattenimenti musicali che avevano luogo alla corte di Napoli a fine Seicento.
Guido Olivieri